IL PALAZZO DELLA BANCA POPOLARE DI VICENZA
Era il 1872 quando Elena e Giulia, eredi di casa Thiene, accettarono di vendere per 38.000 lire il loro palazzo di Vicenza. Per quanto in stato di abbandono, con il suo cortile porticato era perfetto per la Banca Popolare di Vicenza, che cercava una sede appropriata.
Ne è passata di acqua sotto i ponti, e tralascio qui le vicende che hanno riguardato la fine della Banca, con conseguente chiusura al pubblico del suo magnifico Palazzo.
Preferisco immaginarlo quando era in costruzione, e le menti più brillanti dell’epoca si incontravano nel suo cantiere.
VERSO IL CANTIERE PALLADIANO
Quando i Thiene decisero di erigere questo sontuoso palazzo, fu per loro un investimento soprattutto in termini di prestigio della famiglia: erano infatti possidenti terrieri, praticavano il commercio, avevano cariche governative ed ecclesiastiche.
Il primo progetto del 1489, del lato su contra’ Porti, fu opera di Lorenzo da Bologna.
Qualche decennio dopo, Marcantonio e Adriano Thiene decisero di ampliare il loro palazzo, aggiungendo un imponente edificio su contra’ S. Stefano e raccordando le due parti.
I Thiene all’epoca erano ricchissimi e avevano contatti con varie corti italiane ed europee, ma soprattutto erano amici dei Gonzaga.
Giulio Romano, pittore ed architetto, collaboratore ed erede di Raffaello, era in quel momento all’apice della sua carriera. Si distingueva proprio alla corte di Federico Gonzaga duca di Mantova, per il quale aveva realizzato Palazzo Te, solo per citare l’edificio più noto.
Nel 1542 Giulio era stato chiamato a Vicenza per un parere sulle logge del Palazzo della Ragione e i Thiene дропшиппинг поставщики, va da sé, gli commissionarono il progetto del loro palazzo.
In realtà però l’esecuzione diretta del cantiere verrà affidata al giovane Andrea Palladio, che nel 1570, quando pubblicherà i Quattro Libri dell’Architettura, presenterà Palazzo Thiene come una sua opera.
Si può quindi immaginare l’edificio come il risultato del lavoro di due geni del Cinquecento. Da un lato l’armonia, la simmetria e il classicismo di Palladio. Dall’altro l’asimmetria, l’eccezione e il senso per lo stupore di Giulio Romano, che si fondono creando un unicum nel panorama urbano vicentino.
Un esempio su tutti il bellissimo atrio, ripresa degli ambienti delle Domus romane, dove si intrecciano i linguaggi dei due architetti: la sala a quattro colonne, i conci sbozzati, le serliane e le volte a crociera постільна білизна купити. Il contrasto tra ombre e luci, superfici aggettanti e piane, incompiuto e finito, anticipato nelle pareti esterne, giunge qui al suo apice.
LE STANZE E I TESORI
Anche gli interni stupiscono per la loro decorazione. I cicli di affreschi rimandano a quelle che erano le tematiche più in voga durante il Rinascimento, per esempio l’Eneide, la favola di Amore e Psiche o il mito di Proserpina.
Ed è proprio nella sala dedicata a Proserpina, il cui mito racconta della nascita delle stagioni, che si trova uno dei due singolarissimi camini del palazzo. Un gigantesco mascherone dalle fauci spalancate a contenere le fiamme, mostruoso e grottesco, gli occhi rivolti verso l’alto, i denti in mostra магазин постельного белья, il naso che pare sbuffare.
Il grande mostro del camino, quasi una porta spalancata sugli Inferi, è legato alla tematica degli affreschi alle pareti. Qui si racconta di Proserpina, che fu rapita da Plutone e condotta proprio nell’Ade, con grande disperazione dalla madre Cerere, dea della fertilità della terra e delle messi, che triste fece scendere sul mondo l’autunno e l’inverno купить мультитул в украине. Passati sei mesi però, si stabilì che Proserpina potesse ritornare da Cerere che, gioiosa, annunciò la primavera e l’estate, dando così origine al ciclo delle stagioni.
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Questo articolo è stato scritto da Michela Vignato. Contattala direttamente sul sito www.michelavignato.it oppure vedi il suo profilo andando alla nostra sezione Guide